Psicosi e sciacallaggio: le due facce della diffusione del coronavirus nel Nord Est
Oltre 280 casi di contagio, 7 vittime, erano pazienti in stato di forte debilitazione fisica a causa di problemi di salute già conclamati, due focolai individuati e contingentati, Codogno, in provincia di Lodi, e Vo’ Euganeo in provincia di Padova: la zona rossa è stata messa in quarantena. Tutti a casa, non si entra e non si esce, varchi di controllo all’ingresso dei paesi interessati dal contagio, ressa al supermercato per accaparrarsi i beni di prima necessità.
Si compra pasta (tutta, tranne le penne lisce, quelle neanche in uno scenario alla Virus Letale riescono a essere solo lontanamente appetibili, perché, forse, moriremo tutti, ma mangiando rigatoni), si svuotano gli scaffali di zucchero e farina, il latte a lunga conservazione è diventato più raro del diamante rosso. Farmacie e negozi di igiene per la persona presi d’assalto alla ricerca dell’ultima confezione di Amuchina, nemmeno fosse l’elisir di lunga vita, mascherine sold out.
Amuchina su Amazon ai tempi del coronavirus >
Questa è l’Italia, e non solo quella del Nord Est direttamente interessata dall’arrivo del coronavirus , ma tutta. Da Nord a Sud la psicosi è collettiva e si è diffusa molto più velocemente del virus stesso, ha contagiato tutti, ha compromesso la psiche, l’ansia ha preso il sopravvento cancellando anche la più blanda traccia di razionalità. La spettralità di Milano ieri, il primo lunedì dopo l’allarme coronavirus nei patri polmoni, ne è l’esempio più lampante: il teatro la Scala chiuso, la Madonnina del Duomo che osserva la piazza sottostante quasi deserta, la stazione centrale che sembra un banale stop di un comune dimenticato dell’Aspromonte. Pub e bar in regime di coprifuoco: giù le saracinesche alle 18 e tutti a casa a leggere le ultime notizie del virologo laureato su Google che scrive post apocalittici su Facebook. Porte chiuse anche per molte aziende che scelgono lo smart working per evitare rischi.
Fino a non più di una settimana fa il dito era puntato sul cinese del negozio di cianfrusaglie all’angolo o sul ristoratore con i nonni a Pechino che cucinava imperterrito i suoi pericolosissimi involtini primavera o, perché no, sui migranti. Il coronavirus fa compagnia alle loro miserie, si siede loro affianco nei barconi del viaggio verso una vita nuova che passa attraverso una possibile morte per mare. Si stringe ai loro polmoni il virus coronato e sussurra infimo “Entrerete, supererete quei confini e poi dai centri di accoglienza via verso le città, correrete per le strade, andrete nei luoghi affollati. Li abbraccerete, bacerete, accarezzerete. Li contagerete tutti, gli italiani.”
Ora la leggenda sembra essere superata. E’ molto più probabile che il coronavirus non sia giunto in Italia via mare ma abbia viaggiato comodamente in aereo, magari con un biglietto in business class. Nonostante l’Italia sia stato l’unico paese ad aver chiuso i voli da e per la Cina con una decisione governativa e non in base a una scelta discrezionale delle singole compagnie aeree, possibili triangolazione, con scali in altri stati europei, possono aver permesso di ovviare al blocco a chi, per motivi d’affari, è dovuto andare in Oriente e che potrebbe essere stato suo malgrado il vettore del virus.
Gli esperti sono ancora alla ricerca del paziente zero, colui da cui il contagio è partito. E’ caccia all’untore. La gente avverte qualche reminiscenza scolastica e cita Manzoni, la peste bubbonica, s’immagina corpi stipati nei Lazzaretti. Ma cos’è davvero il coronavirus e come si trasmette? Cerchiamo di fornire qualche info, accantonando per qualche minuto la dose d’ansia quotidiana.
SARS-Cov-2, alias Coronavirus
Che cos’è?
Per una definizione che sia attendibile ci affidiamo al Ministero della Salute che classifica così il coronavirus. “I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Sono virus RNA a filamento positivo, con aspetto simile a una corona al microscopio elettronico.”
Sempre il sito del Ministero della Salute definisce questo nuovo ceppo di coronavirus che, partito dal mercato di Wuhan nel dicembre scorso, si sta diffondendo anche in Italia. Il virus che causa l’attuale epidemia di coronavirus è stato chiamato “Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2” (SARS-CoV-2).
La malattia provocata dal nuovo Coronavirus è stata denominata dall’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, COVID-19 (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata).
Quali sono i sintomi?
I sintomi più comuni sono febbre, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e raramente può essere fatale. Al momento il tasso di mortalità è di circa il 2%.
Secondo i dati dell’OMS circa l’80% delle persone guarisce dalla malattia senza dover ricorrere a cure speciali, come un ricovero in terapia intensiva per grave insufficienza respiratoria mentre circa 1 persona su 6 sviluppa forme più gravi che richiedono questo tipo d’intervento sanitario. Le persone più a rischio sono gli anziani e quelle con malattie pre-esistenti, come diabete e malattie cardiache.
Il nuovo coronavirus si diffonde principalmente con il contatto stretto con una persona malata, quindi attraverso la saliva (tossendo o starnutendo) con contatti diretti personali o toccandosi con le mani contaminate naso, bocca e occhi.
Quali precauzioni adottare?
Si tratta, innanzitutto, di buone norme di igiene personale di base, come lavarsi spesso le mani con il sapone o, nel caso d’impossibilità a farlo, detergerle con una soluzione a base d’alcool. Poi c’è una serie di accortezze da mettere in atto per un’ancora maggiore sicurezza: mantenere una certa distanza, almeno un metro, dalle altre persone, in particolar modo se tossiscono, starnutiscono o se hanno la febbre; evitare di toccarsi occhi, naso e bocca con le mani non deterse.
Amuchina e mascherine gli scudi contro il virus venuto dall’est. Ma a caro prezzo
E’ partita la corsa agli accaparramenti di dispositivi di protezione per contrastare il contagio, per mettere in pausa l’isteria collettiva. E’ shopping sfrenato per portarsi a casa l’ultima confezione di Amuchina per disinfettarsi le mani quando non è possibile lavarle. E’ cominciata la gara tra chi è più veloce e previdente nel fare scorta di mascherine. E in questa corsa agli armamenti c’è chi se ne approfitta.
Abbiamo visto in piazza a Milano qualcuno vendere le mascherine a 10 euro al pezzo. Quello che fino a qualche giorno fa si trovava a un costo irrisorio oggi è venduto a peso d’oro, nella vita reale come online. Ed è proprio sul web che lo sciacallaggio ha assunto contorni talmente preoccupanti da far mobilitare gli organismi di controllo, le associazioni dei consumatori e quanti devono e possono sorvegliare. Amazon, il sito di e-commerce dove si può acquistare tutto lo scibile umano o quasi, è stato messo sotto attacco, accusato di aver gonfiato i prezzi, approfittando della follia generale che porta a spendere qualunque cifra pur di proteggersi dal coronavirus, mascherina appoggiata sul volto.
Mascherine su Amazon ai tempi del coronavirus >
E’ necessario però, prima di demonizzare Jeff Bezos, fare un po’ chiarezza. Amazon, infatti, lavora su tre fronti: vendendo i suoi prodotti direttamente, mettendo a disposizione la sua logistica, oppure fungendo da marketplace per venditori terzi. Di fatto, prodotti come Amuchina e mascherine vendute direttamente da Amazon sono finiti praticamente subito e sono rimasti quelli dei venditori terzi, dunque esterni ad Amazon, che hanno iniziato a gonfiare i prezzi approfittando della psicosi da coronavirus. La colpa non è di Amazon, né di un sistema di vendita online ma del singolo che si serve di una strumento di diffusione così massivo per fare cassa sfruttando il panico.
Dunque prevenire sì, avere comportamenti adeguati anche, ma sempre restando calmi e scegliendo consapevolmente come e dove spendere i propri soldi. Due parole, insomma: no panic!
“L’untore! dagli! dagli! dagli all’untore!
“Chi? io! ah strega bugiarda! sta zitta,” gridò Renzo; e fece un salto verso di lei, per impaurirla e farla chetare. Ma s’avvide subito, che aveva bisogno piuttosto di pensare ai casi suoi. Allo strillar della vecchia, accorreva gente di qua e di là; non la folla che, in un caso simile, sarebbe stata, tre mesi prima; ma più che abbastanza per poter fare d’un uomo solo quel che volessero. Nello stesso tempo, s’aprì di nuovo la finestra, e quella medesima sgarbata di prima ci s’affacciò questa volta, e gridava anche lei: “pigliatelo, pigliatelo; che dev’essere uno di que’ birboni che vanno in giro a unger le porte de’ galantuomini.”
Renzo non istette lì a pensare: gli parve subito miglior partito sbrigarsi da coloro, che rimanere a dir le sue ragioni… La strada davanti era sempre libera; ma dietro le spalle sentiva il calpestìo e, più forti del calpestìo, quelle grida amare: “dàgli! dàgli! all’untore!” Non sapeva quando fossero per fermarsi; non vedeva dove si potrebbe mettere in salvo. L’ira divenne rabbia, l’angoscia si cangiò in disperazione; e, perso il lume degli occhi, mise mano al suo coltellaccio, lo sfoderò, si fermò su due piedi, voltò indietro il viso più torvo e più cagnesco che avesse fatto a’ suoi giorni; e, col braccio teso, brandendo in aria la lama luccicante, gridò: “chi ha cuore, venga avanti, canaglia! che l’ungerò io davvero con questo.” Da “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni